Il quartiere del pianeta digitale si divide alla base di criteri nuovi che non si limitano alle basi del territorio, ma si allargano sul nuovo criterio dell’ hobby, del lavoro, dell’impegno, dell’età e degli altri criteri che il gestore del gruppo vuole definire. Il vasto campo della scelta rende possibile ad un utente di collocarsi dentro. È necessario normalmente registrarsi, dando alcuni dati principali. La domanda che viene in mente subito riguarda soprattutto la privacy. C’è il rispetto della privacy nella rete? Questa è un altro quesito a cui rispondere. Senza prescindere dal problema ancora aperto, però sottolineiamo che il contesto che stimola un individuo ad immettersi dentro questa nuova piattaforma, determina la sua scelta. L’applicazione come Secondlife e altre applicazioni che rendono possibili gli incontri virtuali propongono questa possibilità per ri-nascere con una identità completamente diversa da ciò che si vive adesso. Si può modificare tutto ciò che l’utente vuole senza tener conto anche dalla sua identità autentica.
Non dimeno anche l’attività dei blogger che viaggiano nei vari blog e web, consiste anche nello scrivere il diario del giorno e scambiare due parole con i contatti. Lo schermo che sta davanti a lui non è soltanto un pezzo elettronico, ma è l’estensione della sua personalità in modo parziale. Si realizza questa estensione attraverso la presenza delle cose che il soggetto elabora, cioè i suoi scritti, articoli, diari, filmati, video ecc nella rete. Ci vuole soltanto un click per trasformare la vita di questa persona e quella degli altri che accedono a questa estensione. L’accumulazione e l’incontro tra le varie personalità che si intrecciano nella rete creano un legame e una cultura, che hanno un impatto nella vita di cui bisogna essere consapevoli. È un click capace di informare, formare e trasformare il carattere, l’abitudine, la cultura, l’orario e lo stile di vita dell’utente. Si può verificare questo, considerando alcune domande come: Quanto tempo si impiega davanti al computer ogni giorno? Qual è il risultato di questa fatica? Chi è il soggetto che controlla? C’è la disponibilità per staccarsi un momento dalla rete, dando la priorità a rispondere ad una richiesta della persona al fianco?
La qualità dell’estensione della persona nella rete dipende anche dalla disponibilità per aprirsi all’altro, dall’umiltà per riconoscere il bello ed il lato affascinante del prossimo e dalla fermezza del principio della verità che egli ottiene. Il risultato evidenzia che la tendenza molto ampia di adorare il proprio mondo, il proprio interesse, il proprio stato d’animo o il proprio «io», di staccarsi dai problemi e dalle fatiche quotidiane, di giocare con il proprio essere nel mondo della rete, è rimasta aperta per coloro che sono immersi nella rete sociale. Si torna qui all’argomento principale ossia alla maturità di una persona nel saper utilizzare la propria libertà di fronte alla tecnologia digitale e all’interno del mondo del web 2.0. perché la rete non è semplicemente uno strumento, ma è un continente nuovo con una nuova cultura. Di conseguenza, c’è da una parte la deviazione che fa perdere il tempo e l’obbiettivo e dall’altra, invece, si riconoscono anche i suoi valori costruttivi.
Dio ha creato l’uomo a sua immagine, dandogli il potere per creare e per contemplare la sua creazione. Lavorare sei giorni per dominare la creatura, dare un tempo libero per dominare se stessi e contemplare ciò che è riuscito a fare, sono compiti impegnativi. Questa mitezza del dominio di sé è esercitata dall’uomo per aprire uno spazio di autonomia e di libertà nei confronti di tutte le cose che sono al servizio dell’uomo nella sua relazione con Dio[1]. Un rapporto fiducioso di figliolanza con il Creatore e Redentore viene determinato poi dall’autonomia e dalla libertà, che sono i doni irrevocabili preziosissimi dati da Dio stesso. Però, la presenza delle affezioni disordinate e dei vincoli delle passioni irregolari impediscono lo svolgimento di un vero incontro perché non si presenta il vero volto e le vere storie di ciascuno. Il cuore che duplica la manifestazione del proprio essere, rischia una vita in apparenza, che crede di fare tante cose, ma non la vive interiormente. La realtà vista da questo cuore non è un mondo integrato, ma frantumato nei vari cassetti, a partire proprio dalla duplicità che la persona vive. In questi frammenti, si aliena la persona dalla realtà, si conosce il mondo non come quello che si presenta, ma come quello che si manipola, come quello che la persona vede utilizzando i propri criteri.
Duplicare l’identità è fenomeno di una mancanza di fiducia nei confronti di colui che sta davanti. Si presenta a questa persona un’altra maschera di sé, un’altra immagine, un pseudo «io» che rappresenta un’estensione parziale della propria personalità. Se la rete sociale fa parte dell’estensione di una persona, questo fenomeno potrebbe indicare il dubbio del significato dell’essere presente nella rete oppure l’inclinarsi verso la logica odierna di frammentare la realtà nei vari cassetti che distinguono e separano, trascurando lo sguardo olistico alla realtà. Questo pseudo incontro diventa fattibile, grazie allo sviluppo della tecnologia digitale. In un contesto comunitario, questa abitudine potrebbe portare all’inizio di una dramma famigliare: «Perché si presenta un’altra identità nella rete»? Per agevolare i motivi personali, nascosti, a volte non sono condivisi con il partner della vita, la famiglia, la comunità religiosa o il desiderio di fuggire dal proprio cuore?
Già, è molto comodo vivere nella propria isola e nella propria sicurezza, perché è una fuga dal mondo reale e dalla realtà della verità che rivela ciò chi sei. Scoprire la propria identità nel mondo log off e presentare «chi sei tu» come «quello che tu sei», ciò che riesci a ricostruirla, anche nella rete significa aprirsi ad una possibilità dello sguardo armonioso, equilibrio e olistico della vita. È uno sguardo effettivo ed affettivo che ragiona e gusta interiormente la bellezza della verità del mondo e di sé stesso.
alfonsus widhiwiryawan sx
[1] Cf. Wenin, A., L’uomo biblico.