Cari amici, come è grande e bella, e anche semplice, la vocazione cristiana vista in questa luce! Tutti siamo chiamati alla santità: è la misura stessa della vita cristiana. Ancora una volta san Paolo lo esprime con grande intensità, quando scrive: “A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo… Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef 4,7.11-13). Vorrei invitare tutti ad aprirsi all’azione dello Spirito Santo, che trasforma la nostra vita, per essere anche noi come tessere del grande mosaico di santità che Dio va creando nella storia, perché il volto di Cristo splenda nella pienezza del suo fulgore. Non abbiamo paura di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola, anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore. (Benedetto XVI, udienza generale)
Itinerario Spirituale
Il nostro cammino nella quarta settimana disegna un panorama del paradiso, delle beatitudini e del gaudio eterno: la resurrezione di Gesù Cristo. Forse è difficile comprendere questo linguaggio nel nostro contesto odierno. Cosa significa la resurrezione di Gesù Cristo? La possiamo comprendere solo se avessimo vissuto l’esperienza della sua passione culminata sul Calvario e l’esperienza del silenzio della morte del sepolcro. Riviverla con le lacrime, la sofferenza e la tristezza durante gli esercizi non è un’esperienza masochista. Anzi, se riuscissimo a viverla come tale, significherebbe che la grazia ci accompagna e ci aiuta per avanzare nella sequela.
La dialettica della morte e della vita, della fedeltà e del tradimento, dell’amore e dell’odio sono presenti nel mistero della passione di Cristo. Il Crocefisso evidenza che la sofferenza e la morte intorno al Calvario non possono ritenere che «la Vita» - il suo amore e la sua fedeltà - non può morire. Perciò, la resurrezione di Gesù Cristo è la manifestazione più potente dell’amore e della fedeltà di Dio nella storia degli uomini. Gesù Cristo vive, è presente in mezzo a noi (Lc 24,23). L’esperienza della grazia, dell’amore e della consolazione apre così l’occhio della fede per contemplare l’esaltazione del Risorto per la potenza dello Spirito Santo.
Nella mente di Ignazio, la nuova creazione dello spirito si riflette nell’uomo per il dono della consolazione attraverso allegria per il trionfo del Risorto e l’amore disinteressato che non cerca il proprio interesse, tranne la gloria del Risorto. Questa settimana, allora è l' ultima purificazione che conduce l’uomo all’allegria e alla speranza in cui fondamento è Essere Trinitario di Dio, prima di lanciarsi nel mondo.
È ovvio che in questa settimana la consolazione e l’allegria dilatano tutte le preghiere, le meditazioni e le contemplazioni. La consolazione suscita la presenza dello Spirito Santo senza misura. È questa una nuova espressione del nuovo modo della presenza del Risorto in mezzo a noi, che si esprime poi nel vivere i doni dello Spirito Santo, attraverso cui entriamo in contatto con la realtà divina.
La dialettica della morte e della vita, della fedeltà e del tradimento, dell’amore e dell’odio sono presenti nel mistero della passione di Cristo. Il Crocefisso evidenza che la sofferenza e la morte intorno al Calvario non possono ritenere che «la Vita» - il suo amore e la sua fedeltà - non può morire. Perciò, la resurrezione di Gesù Cristo è la manifestazione più potente dell’amore e della fedeltà di Dio nella storia degli uomini. Gesù Cristo vive, è presente in mezzo a noi (Lc 24,23). L’esperienza della grazia, dell’amore e della consolazione apre così l’occhio della fede per contemplare l’esaltazione del Risorto per la potenza dello Spirito Santo.
Nella mente di Ignazio, la nuova creazione dello spirito si riflette nell’uomo per il dono della consolazione attraverso allegria per il trionfo del Risorto e l’amore disinteressato che non cerca il proprio interesse, tranne la gloria del Risorto. Questa settimana, allora è l' ultima purificazione che conduce l’uomo all’allegria e alla speranza in cui fondamento è Essere Trinitario di Dio, prima di lanciarsi nel mondo.
È ovvio che in questa settimana la consolazione e l’allegria dilatano tutte le preghiere, le meditazioni e le contemplazioni. La consolazione suscita la presenza dello Spirito Santo senza misura. È questa una nuova espressione del nuovo modo della presenza del Risorto in mezzo a noi, che si esprime poi nel vivere i doni dello Spirito Santo, attraverso cui entriamo in contatto con la realtà divina.
Ma cosa si intende con la parola «consolazione» per Ignazio? Ci sono due cose:
È bello continuare a riflettere la ricchezza della consolazione durante il periodo di questa quarta settimana. Stiamo finendo gli esercizi, ma il cuore ha trovato la pace e la felicità, incontrando proprio il suo posto nel Regno di Dio. Questa fine degli esercizi, però, è un esordio per la missione nel mondo. Anche Pietro non voleva scendere dalla trasfigurazione (cf. Mc 9,2-8). È un' esperienza del bello vissuto amorevolmente, contemplando la creatura, la vita di Gesù Cristo, la sua passione e resurrezione.
«So che Dio mi ama, perché mi dà tante cose e in queste cose si arrende a se stesso». Quante volte si esprime questa frase dentro i nostri pensieri? L’amore è una comunicazione personale-comunitaria. È personale perché presuppone che l’altro percepisca. Questa alterità dell’amore si percepisce con le parole, i gesti, lo sguardo, gli atteggiamenti ecc. Tutti questi doni dell’Amore che l’Amante dona all’Amato sono il segno evidente che il Signore mi ama. Come dovrei rispondere? Offriamo al Signore quello che siamo noi. Questo è incomparabile. Non stiamo in un piano di uguaglianza! Io non posso dargli direttamente, ma per mezzo del Figlio nello Spirito Santo, che è l’Amore. Il cuore trabocca dal suo Amore direbbe questo «Lo amo e restituisco quello che mi ha dato prima. Quello che è suo e da sempre gli appartiene».
«Prendi, Signore, e ricevi
tutta la mia libertà,
la mia memoria,
la mia intelligenza
e tutta la mia volontà,
tutto ciò che ho e possiedo;
tu me lo hai dato,
a te, Signore, lo ridono;
tutto è tuo,
di tutto disponi secondo ogni tua volontà;
dammi il tuo amore e la tua grazia;
questo mi basta» (§ 234)
Il riconoscimento del dono dell’Amore conduce alla prova della realtà ultima delle cose. L’amore che non si realizza nelle opere, è nocivo. Perciò l’esperienza della logica del dono e dell’aderire incondizionatamente a Dio hanno il culmine nel servizio «en todo amor y servir». Una nuova creazione, secondo Ignazio, è la vita in Cristo. Questa non è il frutto della conquista, ma il regalo che lo Spirito Santo fa all’uomo in modo tale che egli riceva in sé la somiglianza di Gesù Cristo, il Verbo eterno, l’Incarnato.
- 1) Incontrare il Cristo risorto per sperimentare intensamente il suo trionfo e la sua identità. La gioia e l’allegria sono le esperienze soggettive. Si percepisce il passaggio dalla passione alla resurrezione nel momento in cui partecipiamo davvero alla vita di Cristo nelle meditazioni e nelle contemplazioni precedenti. Questo sentimento è un' esperienza soggettiva che provoca nell’uomo l’attività dello Spirito Santo. Così possiamo paragonare la presenza delle lacrime a un dono, contemplando la passione di Gesù Cristo nella terza settimana.
- 2) La modalità di questo incontro è la manifestazione dell’amore disinteressato. Di conseguenza, la consolazione è l’esperienza oggettiva. Da una parte c’è la nostra partecipazione alla sua resurrezione; mentre dall’altra, la consolazione indica che l’uomo rimane confermato nella vera speranza. La fedeltà nel seguire le tappe della passione fruttifica questo «rimanere» anche con lui nella resurrezione. È un «rimanere» (cf. Mc 3,14) che ci ricorda sempre l’inizio della nostra chiamata, della nostra conversione o del momento in cui abbiamo accolto il Signore nella nostra vita e lo vogliamo seguire davvero! Infatti, la chiamata è il linguaggio dell’amore di Dio attraverso tutta la creazione. Potrebbe essere immediata come il fulmine oppure venir percepita a tappe attraverso la consolazione e la desolazione.
È bello continuare a riflettere la ricchezza della consolazione durante il periodo di questa quarta settimana. Stiamo finendo gli esercizi, ma il cuore ha trovato la pace e la felicità, incontrando proprio il suo posto nel Regno di Dio. Questa fine degli esercizi, però, è un esordio per la missione nel mondo. Anche Pietro non voleva scendere dalla trasfigurazione (cf. Mc 9,2-8). È un' esperienza del bello vissuto amorevolmente, contemplando la creatura, la vita di Gesù Cristo, la sua passione e resurrezione.
«So che Dio mi ama, perché mi dà tante cose e in queste cose si arrende a se stesso». Quante volte si esprime questa frase dentro i nostri pensieri? L’amore è una comunicazione personale-comunitaria. È personale perché presuppone che l’altro percepisca. Questa alterità dell’amore si percepisce con le parole, i gesti, lo sguardo, gli atteggiamenti ecc. Tutti questi doni dell’Amore che l’Amante dona all’Amato sono il segno evidente che il Signore mi ama. Come dovrei rispondere? Offriamo al Signore quello che siamo noi. Questo è incomparabile. Non stiamo in un piano di uguaglianza! Io non posso dargli direttamente, ma per mezzo del Figlio nello Spirito Santo, che è l’Amore. Il cuore trabocca dal suo Amore direbbe questo «Lo amo e restituisco quello che mi ha dato prima. Quello che è suo e da sempre gli appartiene».
«Prendi, Signore, e ricevi
tutta la mia libertà,
la mia memoria,
la mia intelligenza
e tutta la mia volontà,
tutto ciò che ho e possiedo;
tu me lo hai dato,
a te, Signore, lo ridono;
tutto è tuo,
di tutto disponi secondo ogni tua volontà;
dammi il tuo amore e la tua grazia;
questo mi basta» (§ 234)
Il riconoscimento del dono dell’Amore conduce alla prova della realtà ultima delle cose. L’amore che non si realizza nelle opere, è nocivo. Perciò l’esperienza della logica del dono e dell’aderire incondizionatamente a Dio hanno il culmine nel servizio «en todo amor y servir». Una nuova creazione, secondo Ignazio, è la vita in Cristo. Questa non è il frutto della conquista, ma il regalo che lo Spirito Santo fa all’uomo in modo tale che egli riceva in sé la somiglianza di Gesù Cristo, il Verbo eterno, l’Incarnato.
@lfonsus widhiwiryawan, parma, 14 settembre 2011
thanks to roberta e chiara mariglioni
alcuni strumenti per animare gli incontri
Riflessione magistrale
Edificando sulla ferma roccia, non solamente la vostra vita sarà solida e stabile, ma contribuirà a proiettare la luce di Cristo sui vostri coetanei e su tutta l’umanità, mostrando un’alternativa valida a tanti che si sono lasciati andare nella vita, perché le fondamenta della propria esistenza erano inconsistenti. A tanti che si accontentano di seguire le correnti di moda, si rifugiano nell’interesse immediato, dimenticando la giustizia vera, o si rifugiano nelle proprie opinioni invece di cercare la verità senza aggettivi (Festa di accoglienza di giovani, Madrid 18 agosto 2011)