Itinerario Spirituale
L’inizio di questa settimana è una grande voglia per seguire
il Signore, nella gioia e nel dolore, sulle strade serene di Galilea e sulle
vie difficile di Gerusalemme. Ecco il frutto della seconda settimana: il forte
desiderio di andare dietro Gesù! Le parole di Pietro di fronte alla rivelazione
di Gesù Cristo, il Pane di vita, potrebbero esprimere bene un nostro buon punto
di partenza. «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi
abbiamo creduto e conosciuto che tu sei Santo di Dio» (Gv 6,67-69).
Perciò, si nota dall’inizio che il cammino di questa
settimana è pieno di prove. Possiamo dire una settimana per prepararsi al
peggio, per affrontare «l’eterno venerdì» senza cadere nel «Venerdizzare la Domenica»
e per trovare la ragione della nostra speranza. Si richiede un bagaglio di
coraggio e un sacco di umiltà per toccare la ferita interiore o il trauma in
cui non siamo ancora riconciliati con noi stessi.
Già le prime due settimana ci hanno fatto suscitare l’amore
verso Gesù Cristo e il servizio al prossimo in modo migliore. Continuiamo a
vivere davvero questa vita insieme con il Crocefisso. Non prometto, perciò, un
giardino pieno di fiori e una giornata piena di sole, ma una via crucis. È una
via in cui, Gesù Cristo, dal Crocefisso ci dice: «io sono con voi tutti i
giorni della vostra vita».
L’obbiettivo di questa settimana, in un certo senso, è un
ritorno alla prima settimana, però adesso è in modo nuovo. Passiamo dalla
vergogna e confusione (§ 48)
e il dolore e le lacrime per i miei peccati (§ 55),
entrambi sono della prima settimana, al dolore e alla confusione perché «per i
miei peccati, il Signore va alla passione (§
193-197)! Chiederemo, perciò, il «dolore con Gesù Cristo addolorato,
schianto con Gesù Cristo affranto, lacrime e pena interna di tanta pena che Gesù
Cristo soffre per me» (§ 203).
In breve, è camminare nelle scarpe di qualcun altro, di uno straniero, di Gesù
stesso!
Il motivo è molto semplice: vivere con Cristo ed in Cristo
per poter poi, quando arriviamo alla quarta settimana, dire «per me, infatti,
il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Gustiamo allora con passione questa settimana
di «venerdì», il vivere con la propria pelle la vita di Colui che ha dato se
stesso per noi. Di conseguenza, è importante l’esodo del «sì» per vivere
l’amore e la libertà. È un esodo che parte da una speranza che l’amore del
Padre, nel dare il suo Figlio all’uomo, tende per sé una unione: vivo con
Cristo, morto con Cristo e risuscito con Cristo.
Concentriamoci innanzitutto sul mistero della passione di
Gesù Cristo. Evitiamo dunque la consolazione o qualsiasi movimento che suscita
in noi la felicità. La dialettica per mantenere questa atmosfera sta nella
coscienza del peccato. Qual è la vera verità dell’uomo (di me) in rapporto con
Dio e il prossimo? Per quale motivo Gesù Cristo si è incarnato ed è morto sulla
croce? Per un semplice atto di ingiustizia o c’è una visione ulteriore di Dio
per l’umanità intera, a partire da me stesso?
ES §
206 possano aiutarci a condizionare il nostro stato d’animo per
inserirsi bene nella compunzione, nel dispiacere di aver offeso Gesù Cristo,
nel suscitare la pena interna e le lacrime. Questa via è dolorosa ed è oscura.
Chi vuol seguire Gesù Cristo risorto, dovrebbe andare dietro di lui, salendo
sulla croce (Mc 8,34-38). Non è facile rimanere al fianco di un uomo giusto, che
di un uomo buono. Così come non è facile orientarsi al mistero dell’abbassamento
e dell’umiliazione di Gesù Cristo sofferente e pieno di dolore durante tutto il
giorno che contemplarlo nella sua gloria di resurrezione.
E così, dopo aver fatto l’elezione, verifichiamo la nostra
disponibilità e il nostro amore verso Dio e nel servizio al prossimo,
considerando questi tre elementi: 1) Gesù Cristo patì per l’umanità § 195;
2) Considerare come la divinità si nasconde nell’umanità di Gesù Cristo § 196;
3) Considerare come tutto questo soffre per i miei peccati § 197.
La nostra sequela poi si culmina con la partecipazione piena al destino di Gesù
Cristo, cioè, «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù»
(Fil 2,5). Arrivare ad avere gli stessi sentimenti e pensieri del Signore
significa assumere, o compartire coscientemente e liberamente il mistero di
Gesù Cristo, la sua kenosi e l’esaltazione (la resurrezione).
L’umanità di Gesù Cristo, che meditiamo con l’intelligenza
della fede e che contempliamo con affetto, ci mostra che il cammino della
sequela sta arrivando al fine dell’incarnazione: la gloria della resurrezione
che passa attraverso le lacrime, le fatiche, le compassioni, le sofferenze e la
morte sulla croce. Il vincolo che unisce il mistero della natività e della
passione è il cammino incarnatorio, nella carne e nelle ossa che ogni uomo
vive. Questo duro cammino parte dalla solitudine della culla di Betlemme e
finisce nell’abbandono sulla croce.…
Per noi cristiani, il Crocefisso non diventa un luogo di
disperazione, ma di speranza; non di separazione, ma di auto manifestazione
della Trinità. Ci sembrava che Dio fosse lontano e nascosto dietro la
sofferenza e che la morte padroneggiava. Invece no. Egli rimane lì al fianco
dell’uomo pieno di dolori. Questo stare insieme fa sì che il Crocefisso diventa
il luogo dell’incontro e della comunione tra l’uomo e Dio. È «un Dio» che offre
tutto il suo respiro per la vita dell’uomo ed è «un uomo» che consacra tutta la
sua vita per il disegno salvifico del Padre. Nello stesso Crocefisso ci
riflette allora queste due immagini e si apre così pian piano la porta del
perdono, alla comunione e alla conoscenza del Padre e del suo amore.
È questa la proposta del cammino degli innamorati di Dio che
sa cosa significa essere traditi, soffrire, patire e morire per altro.
@lfonsus widhiwiryawan, parma, 14 settembre 2011
thanks to roberta e chiara mariglioni
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