martedì 31 gennaio 2012

VIVIR EN UNA NUEVA ESPERANZA. LA HISTORIA DE BUNGA.


La traduzione:

Alle tre del mattino, una ragazzina di 12 anni corre in una stazione nella zona di Pasar Senen per raggiungere un treno destinazione Jatinegara. Questa è una stazione di Jakarta, una città che ha più di dodici milioni di abitanti. Lo sforzo di questa ragazza non é inutile; Riesce ad aggrapparsi alla porta e a salire sul treno.
Arrivata a Jatinegara, si siede al binario cinque per aspettare un altro treno che arriva da Bekasi. Appena arrivato, sale in fretta, dando spinte a destra e sinistra agli altri ragazzi più grandi che hanno la sua stessa intenzione. Questo è un treno che è arrivato a destinazione e non continua il suo viaggio verso altra meta.
Allora cosa fa la ragazza dentro al treno? Non è la solita passeggera, lei lavora! Il suo lavoro consiste nel camminare dentro i vagoni del treno e nelle stazioni per raccogliere i rifiuti lasciati dai passeggeri; raccoglie le bottiglie d’acqua minerale vuote e le carte dei giornali. Arrivata alla stazione di Pasar Senen, il suo compito è quello di separare le bottiglie grandi da quelle piccole e di mettere le carte a parte.
Ma la giornata di questa ragazza non finisce. Terminato questo lavoro, si prepara per andare alla scuola elementare. Sono le sei del mattino, la stanchezza adombra i suoi piedi e le sue manine, ma non può piangere. È consapevole che bisogna lavorare per vivere e avere uno stile di vita sobrio. Sa cosa significa spendere mille rupiah (che corrispondono a dieci centesimi) perché quel soldo è il frutto del suo sudore.
La scuola termina verso mezzogiorno. Finalmente ha un tempo per riposare, ma soltanto fino al pomeriggio, perché dopo quella buona e santa siesta, ritorna a lavorare nella stazione di Pasar Senen per raccogliere le bottiglie di plastica vuote o per vendere le carte di giornale usate dai passeggeri che vogliono utilizzarle per sedersi per terra e chiacchierare. Questa è una tradizione orientale, la gente si siede per terra, condivide le esperienze della giornata raccontando le storie oppure, semplicemente e senza nessuna formalità, scambiandosi le notizie.
La notte allora diventa un tempo prezioso per studiare. È una breve notte direi, visto che alle tre del mattino lei deve essere di nuovo in stazione. Quindi la notte serve per studiare e fare i compiti, ma anche per riposare, perché anche questo fa parte del suo lavoro.
Bunga, è così che si chiama questa bambina, ha vissuto così fino alla scuola media. Viveva insieme alla mamma, che fa il suo stesso lavoro, e il papà, che gli piace bere e molto spesso si ubriaca. Questa è la vita, vissuta con la carne e le ossa.
Bunga ha una sorella più grande di lei di un anno e mezzo che, dopo aver vissuto per un periodo con la zia, torna in quella piccola e semplice casa a due metri dalla stazione.
Giuseppe, un “farabutto buono”, ossia l’angelo bianco delle stazioni e delle zone rurali, un giorno riceve la notizia da un raccoglitore di bottiglie di plastica che le due ragazze, Bunga e la sorella maggiore, hanno subito una violenza da parte del padre adottivo. Egli assiste sempre i ragazzi che vivono nelle strade e nelle stazioni. Sapendo questa notizia, Giuseppe cerca di parlare con la mamma delle due ragazze, per convincerla a mandare le figlie in un casa di accoglienza in cui sono garantiti la casa, lo studio e le cose necessarie per vivere.
All’inizio le cose non sono state molto semplici. Il primo problema sono stati i genitori che non erano d’accordo, insistevano affinchè quelle ragazze rimanessero insieme a loro. Allora Giuseppe ha contattato un altro farabutto della zona, Giuda, per affrontare “il padre” di quelle ragazze. Alla fine, dopo tanta insistenza, Giuda riesce a convincerlo. Certamente non si possono abbandonare del tutto gli affetti e i sentimenti di queste bambine; non si può bruscamente tagliare il legame creato lungo il cammino. In ogni modo la mamma stessa ha poi capito dell’importanza di questa decisione e ha iniziato ad incoraggiare Bunga ad intraprendere un futuro migliore. Gli incoraggiamenti della madre hanno fatto bene ad Bunga, la quale ha intrapreso una nuova vita nella casa di accoglienza.
Gli anni ormai sono passati come il vento. Adesso Bunga sta scrivendo la tesi e sta per finire il suo studio nella facoltà di giurisprudenza.
C’è davvero una nuova speranza? La vita va continuata e vissuta … 
Jakarta, 31 Dicembre 2012
alfonsus widhi

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