lunedì 9 maggio 2011

Teologia


Mio papà, Fransiskus Saverius Sunardi, dell’isola di Giava (Indonesia), è l’unico cattolico di una famiglia interamente mussulmana, mentre mia mamma, Maria Florentina Wasiyatni, dell’isola di Celebes (Indonesia) – i cui genitori appartenevano ad una tradizione religiosa popolare – è l’unica cattolica di una famiglia in maggioranza protestante. Vivendo in un contesto così plurale, ho sentito più forte l’urgenza, come cristiano di seconda generazione, di ribadire la centralità di Gesù Cristo nella mia vita e nella società di oggi. La cultura post-moderna, infatti, tende a separare i vari aspetti della vita, considerandoli come unici, a sé stanti, e non come parte integrante di una totalità.
Nei secoli passati, la missione concepita come plantatio ecclesiae non è riuscita a guadagnare al cristianesimo porzioni significative di asiatici. Forse perché, nell’annuncio del vangelo, non ha sufficientemente apprezzato i linguaggi, i segni, i simboli e le usanze delle millenarie culture dell’Asia. Sicché il cristianesimo è ancora irrilevante per la vita della maggior parte degli asiatici. Non si tratta di assolutizzare nessun concetto o simbolo, poiché solo Dio è assoluto, ma di tentare di dire Dio, il Dio di Gesù Cristo, adottando parole, simboli e concetti del contesto asiatico.
Perciò, a partire dal Concilio Vaticano II (1962-1965), temi come dialogo, semina Verbi, ad gentes e promozione umana sono diventati importanti affinché la Chiesa possa inserirsi nel mondo attuale, valorizzando il rispetto reciproco e la dignità di ogni essere umano. Anche il magistero dei Papi Giovanni XXIII e Paolo VI sottolinea che, nel processo di trasmissione della fede, è importante distinguere tra la sostanza e il rivestimento culturale, senza venir meno alla fedeltà della dottrina cattolica. I vescovi della FABC (Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche) hanno risposto a tale appello del magistero universale della Chiesa proponendo un diverso approccio al depositum fidei, una nuova modalità nell’annuncio, un nuovo modello di Chiesa e una teologia più attenta al contesto. L’approccio contestuale ha significato in Asia il passaggio da un processo di “cristianizzazione” del continente ad un processo, tutto nuovo, di “asianizzazione” del cristianesimo. Non si può, infatti, pensare al cristianesimo come ad una religione che confessa un Dio “totalmente altro” – “trascendente” alla maniera del pensiero occidentale –, senza tener conto del contesto culturale e religioso asiatico. È indispensabile, invece, nell’annuncio e nella sequela di Gesù Cristo, fare appello alla profondità del sentire religioso asiatico. Gesù Cristo, infatti, è percepito e accolto dal cuore dell’asiatico solo quando la Chiesa accetta coraggiosamente di fare i conti con il pensiero e il linguaggio soteriologico delle tradizioni religiose non cristiane, trovando in essi degli addentellati che illustrino più adeguatamente la novità della conoscenza liberante (gnosi) e dell’amore-kenosis (agape) propri del messaggio cristiano.
In questo nuovo approccio al contesto asiatico, c’è però il rischio del relativismo, che considera tutte le religioni complementari – senza concedere ad alcuna il monopolio della Verità –, per cui la Verità sarebbe la somma totale dei frammenti della medesima presenti in ogni singola religione. Da un punto di vista teologico, il pericolo maggiore è la deriva sincretista, la caduta nel relativismo e nel soggettivismo. Non bastano ad arginare questo pericolo i vari riconoscimenti di Gesù Cristo, come quello celebre del Mahatma Gandhi in India. È necessario mettere nel contempo in evidenza che Gesù Cristo non è monopolio di nessuna cultura, nemmeno della cosiddetta civiltà cristiana occidentale, e che la sua originalità divina è a disposizione di tutte le culture e di tutti gli uomini.
Questo mio elaborato cerca di indagare la relazione tra la centralità di Gesù Cristo, così come viene espressa nella teologia della FABC, e l’annuncio del vangelo nel contesto asiatico. Il mio lavoro non si prefigge di effettuare una ricerca di tipo storico sulla cristologia asiatica, né intende presentare la cristologia completa della FABC, nemmeno di dare una risposta definitiva alle questioni cristologiche emergenti, ma piuttosto di esaminare, seguendo la linea della FABC, il significato universale di Gesù Cristo in quanto centro della storia della salvezza. Sottolineerò solo alcuni elementi cristologici più importanti nei principali interventi magisteriali della FABC. In sostanza, cercherò di cogliere per sommi capi il significato della Rivelazione di Dio, incarnata in Gesù Cristo, per gli asiatici. Si tratta di una sfida appena lanciata dal mio studio, ma che rimane senz’altro aperta ad ulteriori approfondimenti.
Nel primo capitolo, più descrittivo, prenderò in esame il panorama storico in cui si è inserita la Chiesa in Asia (prima parte) e il contesto teologico in cui essa, mentre annuncia Gesù Cristo agli asiatici, è chiamata a rendere ragione della propria fede. Per quanto riguarda il panorama storico, c’è da dire che, nonostante le percezioni sfavorevoli all’evangelizzazione dell’Asia, la FABC è riuscita a costruire i suoi documenti sui tre livelli più significativi del contesto asiatico: a) la pluralità delle culture; b) la pluralità delle religioni; c) le diverse forme di povertà. Per quanto riguarda il contesto teologico, ho concentrato la mia attenzione sui problemi cristologici nati dalla sfida del pluralismo religioso e culturale, così impellente in Asia, sottolineando il tipico modo di pensare e di agire in generale degli asiatici all’insegna della visione olistica dell’armonia.
Nel secondo capitolo tratterò dell’imprescindibilità del contesto, come panno di fondo e luogo teologico per costruire una cristologia asiatica. Vedremo così che la FABC ha strutturato il suo metodo teologico su un ciclo pastorale con cinque punti di riferimento: a) legame con la vita; b) a partire dalla realtà; c) coinvolgendo l’aspetto spirituale delle varie tradizioni religiose; d) con un triplice dialogo; e) accogliendo l’armonia come modo per inserirsi nella vita. La visione della FABC si conclude con un richiamo alla pratica del ministero terreno di Gesù Cristo, il quale ha annunciato il Regno e si è autoproclamato la via che conduce al Regno, invitando al discepolato come sequela Christi.
Nell’ultimo capitolo tenterò di valutare la metodologia della FABC dal punto di vista della problematica cristologica proposta nel primo capitolo. Concluderò il bel tutto con un paragrafo che descriverà le varie immagini asiatiche, cristiane e non cristiane, di Gesù Cristo.

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