mercoledì 28 dicembre 2011

La vita nuova che nasce deve affrontare la cultura della morte


La messa di natale in una piccola comunita' cristiana
Con queste parole vorrei riassumere la mia esperienza in questi giorni di natale a casa. É stata il primo natale trascorso in famiglia dopo circa tredici anni vissuti nelle varie case di formazione dei missionari e nelle varie comunità. Rivivere le esperienze giorno dopo giorno e ore dopo ore, incontrare di nuovo le persone conosciute e i bei momenti del passato, mi fa venire tanta nostalgia. Ho incontrato alcune persone care in buona salute, mentre le altre sono già ridotte o state assunte dal Padre eterno. Ci sono tre sacerdoti diocesani giovani che fanno il ministero in questa parrocchia, in cui due di loro sono impegnati per la parrocchia, mentre l’altro é il responsabile delle scuole cattoliche. Tranne loro, in questi giorni sono arrivati un altro diocesano che é uno dei formatori nel seminario minore diocesano. Egli é venuto a posto per dare una mano in questi giorni natalizi. Un’altra novità viene da un missionario dei lazzaristi che é venuto per le vacanze nella sua famiglia. Già ... Posso dire che siamo un bel gruppo dei giovani sacerdoti e abbiamo anche dei sogni per poter testimoniare la vita di quel bambino che é nato nella fragilità nostra per salvarci, a partire dai vari contesti che stiamo vivendo.

Nonostante le paure che ci insidiassero nei giorni precedenti, grazie a Dio che siamo riusciti a celebrare bene le messe di natale. In questa parrocchia, le esperienze in questi giorni mi hanno dimostrato una grande serietà dei cristiani in questo luogo per celebrare la loro fede vissuta. C’è una grande voglia per impegnarsi nella fede nella vita quotidiana.

La presenza delle forze d’ordine e dei mussulmani che in un modo o altro hanno contributo l’andamento delle celebrazioni e delle feste natalizie sottolineano l’accoglienza e il rispetto alla diversità. L’Indonesia é il paese più grande del mondo in cui la maggioranza dei suoi abitanti sono musulmani. Questo non toglie le diversità etniche, culturale e religiose che sono presenti. Anzi, considerando come tante persone di varie culture e religioni hanno contribuito per sostenere questi giorni di festa natalizia, direi che la pace regni davvero nei loro cuori. Vi auguro che questa pace non sia contaminata e non sia manipolata da qualche gruppo che vuol espandere i suoi affari personali egoisti.

La seconda riflessione riguarda soprattutto la cultura della morte che sta crescendo sistematicamente a casa mia, l’Indonesia. Ho scritto la cultura della morte proprio perché, guardando le notizie di telegiornale e incontrando le persone, ho scoperto la perdita della speranza a tappe. Se mi permettessi, scriverei qui alcuni dati:
1. Le varie aziende (nazionali ed internazionali), senza dire il nome perché dalle notizie non ho sentito nominate, hanno comprato la terra della popolazione locale senza rispettare la giustizia. A volte, é successa la vicenda in modo violento: il prezzo ingiusto, i canali per denunciare l’ingiustizia sono stati chiusi e l’esperienza triste é che sono stati  cacciati dalla loro casa senza aver i soldi in mano!
2. In un altra isola, gli abitanti si sono messi insieme a combattere contro queste aziende. Di conseguenza, la forza d’ordine le ha messe in guardia e ha ferito la gente che protesta. Non so di preciso quanti sono le vittime, feriti o morti. Nonostante tutto, la gente continua a difendersi, perché la terra è la loro vita! L’apertura delle miniere significa distruggere l’ambiente, guadagnare il denaro per un breve tempo e la morte della generazione futura.
3. Un missionario che é appena tornato da Borneo mi ha raccontato in che modo la popolazione locale sta perdendo pian-piano la loro terra, la loro foresta, il loro futuro la loro speranza e la nostra vita! Ci sono due metodi che mi ha raccontato. In modo sistematico, per primo, é stato progettato una piantagione di palma d’olio. Questo albero distrugge l’ambiente! Questo assorbe centinaia litri d’acqua, la terra diventa arida, crea l’infertilità della terra, le altre piante non possono essere coltivate insieme e le radici non possono essere distrutti per decina d’anni (così mi dicono e così l’ho visto). Inoltre, c’é un progetto per mantenere l’ozono, comprando i carboni delle foreste.

L’obiettivo é bello, cioè per diminuire il riscaldamento globale (così si spera che diminuisca i vari disastri climatici!). Gli strumenti per attuare questo, però, sono devastanti. Sono stati scelti le foreste tradizionali, sotto la guardia delle tribù che hanno già custodito le loro foreste. Sanno quali alberi da tagliare e quali sono da mantenere, quali animali da cacciare e quali da lasciar vivere, in che modo si custodisce una foresta e in che modo si distrugge ecc.

Questa scelta è sconveniente per la vita di quelle tribù tradizionali. Non hanno più accesso per entrare nelle loro foreste o addirittura, sono sradicate dalla loro terra perché sono cacciate dalla loro casa abitata da generazione in generazione dei secoli. Perché non sono scelte le altre foreste o quelle produttive e non custodite dalle tribù tradizionali? Perché quelle foreste sono già vendute per la piantagione di palma d’olio? Poi quando finisce la fertilità della terra, queste aziende possono ancora svuotare i minerali preziosi nascosti sotto terra, saccheggiando milioni dollari? E dopo aver finita tutta la sua bellezza … ???

Mi fermo a queste tre esperienze soltanto per non perdere il filo di questa riflessione. Considerando la presenze delle altre, mi fanno venire brividi, sopratutto in questo natale. Possiamo consolare ancora l’Israele nuova che sta perdendo i loro figli sotto i suoi occhi? Quanta lacrime, quanta sudore, quanta fatica hanno speso per difendere un pezzetto della loro terra. Hanno bisogno soltanto la loro terra per vivere e per celebrare gli eventi fonti della loro vita. Non riescono più piangere perché hanno perso tutto! Non sanno a chi deve rivolgersi, tranne a quel bambino ch’é appena nato.
La cena per tutta la comunita' e' quasi pronta!
A me mi fa brividi questo: essendo missionario, sacerdote e blogger cattolico, cosa posso fare? I missionari si impegna soltanto per annunciare la buona novella a quelli che non conoscono il Vangelo, solo nella Chiesa? I sacerdoti non possono impegnarsi per difendere questa ingiustizia nella politica del vangelo? I blogger cattolici sono impegnati ancora nel convincere altri utenti della rete per testimoniare la loro fede, anche in questo mondo digitale?
Se la risposta di tutte queste domande fossero positiva, saremmo fritti, perché la vita nuova che nasce, deve affrontare la cultura della morte.

alfonsus widhi, rembang
la festa dei santi martiri innocenti, 28 dicembre 2011

sabato 24 dicembre 2011

Il caro prezzo da pagare per la venuta del Signore a Natale


Nella mezzanotte del 23 dicembre sono arrivati i carabinieri e le forse pubbliche del comune per garantire le messe e le celebrazioni di Natale. Il loro compito è di vigilare la nostra chiesa 24 ore su 24 fino a Capodanno. Siamo abituati al Natale vissuto nel silenzio e nella pace come l’atmosfera di Betlemme. Purtroppo ci manca questo aspetto. Infatti, la celebrazione della nascita del Salvatore attira l’attenzione di tutti! Celebriamo la sua nascita in questo terzo millennio, non nel silenzio della grotta, non sotto la luce delle stelle, non in mezzo al canto dei grilli, non con poca presenza e partecipazione dei fedeli. Saranno invece presenti centinaia di persone che parteciperanno alla messa e passeranno di fronte alla grotta, che faranno la guardia, che vigileranno la Chiesa, che controlleranno le borse all’entrata … e menomale che non verrà richiesto e distribuito nessun biglietto per l’ingresso!
Il discorso della sicurezza è per noi un argomento molto importante, visto che negli ultimi dieci anni ci sono stati vari tentativi per disturbare le messe di natale in Chiesa (cf. le bombe di natale nel 2000), soprattutto nella messa della notte.  Si sa già qual è il rischio di andare in chiesa e partecipare alla messa della notte. Ma qui, la gente è abituata al metal detector o ad ogni altro tipo di controllo per la sicurezza, proprio vicino l’entrata della chiesa.
Da una parte si può dire che questo aspetto è sinonimo di una fede forte che porta la gente ad abbandonarsi nelle mani di Dio, dall’altra parte, però, potrebbe anche tradursi nella convinzione che le persone hanno di convivere già con la cultura della morte, nel senso che sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con il Signore (1Ts 5,10).
È vero, le porte della Chiesa sono aperte a tutti, ma non tutti vengono con l’ intenzione di adorarlo. Il passo biblico che parla dell’incontro tra Erode ed i tre magi potrebbe illuminarci su questo argomento.
Non voglio dilungarmi in questo discorso. Penso che non siamo i soli a vivere questa condizione. Nelle altre parti del mondo dove non c’è libertà di culto, hanno situazioni peggiori rispetto a noi. I nostri nemici non sono le sorelle ed i fratelli mussulmani che, facendosi la guerra, hanno subito danni e hanno addirittura perso la vita.
Ma chi è il vero nemico che semina il terrore nella vigilia di Natale? Il nostro nemico è il cuore che non ha la pace. Di conseguenza, questo vive nella solitudine dell’ io afflitto, respingendo ciò che vuole entrare ed uscire. Nel momento in cui la luce non può penetrare, regna la forza delle tenebre in esso che scombussola la vita dell’uomo. L’assenza dell’orientamento fisso e un fondamento su cui non si può vacillare nella vita, conducono la persona a vivere in modo superficiale, alla ricerca dell’affermazione di sé trovando così il nulla. Questo significa la morte nella vita.
È allora difficile ripetere l’antifona d’ingresso della messa della notte “Rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore. Oggi la vera pace è scesa a noi dal cielo” ? Credo che la pace non si possa comprare, ma è puramente un dono accolto nel cuore sensibile ai segni dei tempi. Il Signore stesso, la vera pace, continua a donare la sua vita in modo molto fragile … fino ad oggi, tra le nostre mani. Così egli compie la sua promessa “io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi”.  
Preghiamo allora in questa notte di Natale che il Signore venga ad illuminare il cuore che giace ancora nelle tenebre. Che egli venga e doni la pace affinché possiamo vederlo e amarlo nei volti delle persone che vivono intorno a noi.

alfonsus widhi, rembang 24 dicembre 2011

mercoledì 21 dicembre 2011

L'incarnazione: la via della redenzione scelta da Dio


Parliamo della scelta di Dio per poter redimere e salvare l’uomo, incarnandosi nella carne ossa e divenendo simile a noi fuorché nel peccato. È una scelta radicale e a volte inconcepibile nei confronti di altre religioni. In questo modo, le vie dell’uomo diviene quelle di santità perché la sua quotidianità è stata introdotta dalla potenza divina di Dio. Diventa possibile per l’uomo ora a giungere il suo Creatore e Redentore attraverso la condizione storica donata da Dio. Nel fatto di essere creati come uomo o donna, appartiene ad una certa popolazione con la sua cultura e il suo stile di vita e vivere in un paese in mezzo all’oceano o nel continente, indicano tutti i dati storici, che sono le nostre vie da vivere in modo meglio, seguendo Gesù Cristo.
Nato a Betlemme per Gesù è una scelta a favore dell’uomo. Egli è l’unica creatura che il Signore ha plasmato secondo la sua immagine (Gen 1,27). Ecco perché la sua creazione incorona l’opera creativa di Dio. L’uomo, da parte sua, incorona l’evento della creazione con il sabbat di Dio. Il giorno che dà il limite alla creazione, quello che stimola l’uomo (e anche il Signore) per conquistare se stesso dopo aver lavorato e conquistato il mondo in sei giorni operativi. Di conseguenza, tutte le cose sono al servizio di lui, in modo tale che possano aiutarlo per poter tornare al suo Creatore e Redentore. Il giorno di sabbat poi diventa un modo di essere come figli, contemplando l’intreccio tra la grazia e la collaborazione dell’uomo nelle varie opere compiute nei giorni lavorativi.
Con il peccato, questa immagine dell’uomo di Dio viene sconvolta: lo specchio dell’uomo per conoscere se stessi è la propria immagine (il proprio ego, la sua capacità e debolezza), l’uomo diventa uno schiavo delle creature (fidarsi alla forza del potere, dei denari e della felicità umana) e il sabbat non è più un giorno per l’uomo, ma egli continua a creare ed a lavorare. L’uomo sta trascurando la sua figliolanza, il suo essere come immagine e, confrontando la storia di Israele, egli sta tornando in Egitto, il paese anti sabatico e quello della schiavitù. 
A questo punto, crediamo che il Signore è sempre con noi, anche quando lo trascuriamo. Rovesciando questa affermazione, siamo di fronte ad una bella domanda: «davvero siamo accorti della sua presenza in mezzo a noi – per sempre»? La sfida per rispondere questa domanda è quella di vivere la spiritualità battesimale: un conto è essere battezzato, l’altro è quello reale in cui qualcuno si offre liberamente per diventare cristiani. Questa scelta indica l’impegno, la  collaborazione, l’apertura all’altro (Dio, prossimo, creato). Riconoscere la fede come un dono gratuito, un cristiano tenta di risponderlo con la carità, ossia la vita spesa per il prossimo al servizio di Dio.
Questa maturità per decidere determina la maturità dell’uomo per rispondere i diritti e gli obblighi nel fatto di essere cristiani. Il processo dell’elezione offre l’uomo passa da uno schiavo all’uomo libero, dal non essere all’essere, dal peccatore all’eletto. È un passaggio che si ruota intorno al discernimento, cioè la disponibilità dell’uomo per comprendere la volontà di un altro, di Dio stesso. L’assenza di essa stimola l’auto affermarsi ossia la confermazione della propria volontà.
Un esempio molto semplice lo troviamo nella preghiera del Signore sia fatta la tua volontà. Ma questo non basta, egli stesso aggiunge come in cielo così in terra. Ciò significa chiedere a Dio che ci dia la sua grazia per conoscere, per scegliere uno stile di vita e per vivere fedelmente il nostro carisma, la nostra vocazione, il nostro quotidiano. Ciò significa anche lasciarsi guidare dalla scelta e dai doni concessi da Dio per noi, ossia, scelgo ciò che Egli ha scelto per me. Si intuisce qui uno sbaglio di Adamo ed Eva che hanno scelto ciò che Dio non vuole per loro. In questo modo, loro hanno portato la creazione al termine perché la loro scelta ci ha condotto alla morte.
Come è l’influsso di questo schema nella nostra scelta? Innanzitutto bisogna conoscere la grazia di Dio e il carisma dell’uomo. Occorre separare l’una dall’altra? Ricordiamo l’esempio di Maria che accoglie il lieto annunzio dall’angelo io sono la serva del Signore, si compia in me la sua volontà. Importante è che l’uomo si accorga della presenza di Dio e sia disponibile a cooperare e a collaborare con lui. Di fatto ciò si rende possibile dalla sua capacità di riconoscere la volontà di Dio. Così nella nostra scelta, non si tratta soltanto scegliere uno stato di vita, ma portare al termine il progetto di Dio per l’umanità. Questa si assomiglia ad essere suoi strumenti, noi sulla terra, come i santi e gli angeli in cielo!

Il testo è ispirato dal vangelo di Luca 2 e la lezione sul carisma

alfonsus widhi, Rembang, il natale 2011 

Melahirkan Yesus di Facebook?


Seorang teman dari Milano, Italia, menanggapi email saya bercerita bahwa dalam hidupnya dia merasa seperti sudah direduksi. Mengapa? Coba lihat saja bagaimana dia harus menjalani aktivitasnya sehari-hari. Untuk berangkat ke kampus, dia harus mengeluarkan kartu pelanggan naik angkutan umum; untuk masuk ke perpustakaan dia harus menggunakan kartu anggota perpustakaan; untuk pergi ke tempat kerja, dia harus memasukkan kartunya ke register daftar pekerja yang hadir; ketika dia sakit, dia harus menggunakan kartu kesehatan; ketika dia berbelanja, dia harus menggunakan kartu belanjaan di toko tertentu dan membayar dengan kartu kredit; ketika dia mengendarai mobil, dia harus membawa SIM dan KTP dan untunglah, ketika dia masuk ke gereja, tidak harus membawa kartu anggota!

Bagaimana dengan realitas kita? Kupikir tidak jauh-jauh juga. Demikian pula ketika kita mengakses HP, mail, facebook, twitter, youtube atau blog untuk kirim ucapan selamat natal pada teman, sodara atau orang-orang lain yang kita kenal. Saya menyempitkan refleksi ini pada pertemanan di Facebook. Mengucapkan selamat natal di Facebook itu baik, yaitu, meskipun kita saling berjauhan, kita ingin hadir didekatnya dengan mengucapkan salam. Yang menjadi pertanyaan, apakah yang menjadi dasar relasi dan persahabatan itu?
Sebuah pertemanan sejati menuntut sebuah perjumpaan secara konkrit dalam suka dan duka, sebuah sejarah kehidupan yang dibagikan dalam kehidupan offline dan sebuah empati dalam mengenal orang lain sebagai bagian dari diri kita. Jangan-jangan kita memiliki 5000 teman di Facebook, tapi dalam hidup sehari-hari kita lebih sering sendiri dan tidak punya teman. Kita menyetujui pertemanan hanya untuk merasa diri popular di Facebook dan tidak kenal secara personal orang tersebut! Kalau tidak begini, nama dan foto yang ada di Facebook menjadi sebuah identitas anonim belaka dan disinilah kita terjebak dalam mereduksi orang menjadi kartu yang berjajaran di Facebook atau di wall kita. Inilah bahaya yang ada di balik relasi instant di Facebook, mereduksi “teman-teman online” menjadi sebuah kartu semata.

Karakter pertemanan yang benar dan sehat di Facebook itu berdasarkan sebuah perjumpaan yang konkrit ketika kita dalam dunia offline. Fungsinya pertemanan di Facebook hendak melanggengkan dan makin memperdalam perjumpaan yang hangat yang dialami ketika kita log out. Dengan demikian, ucapan selamat natal tidak tereduksi menjadi sebuah ucapan selamat pada orang-orang anonim dan impersonal dalam jejeran friends di Facebook kita.

Sudahkah hidup ini direduksi menjadi sebuah kartu identitas seperti KTP, credit card, SIM, member card dll?  Jangan-jangan, Yesus yang lahir pun akan kita reduksi menjadi sebuah kartu belaka. Kalaupun kita harus mengidentifikasikannya, identitas apa yang akan kita berikan pada-Nya: bayi laki-laki, anak Yosep dan Maria, lahir di gua di Betlehem dalam perjalanan menuju kampungnya, saksi kelahirannya adalah kaum pinggiran (para gembala dan domba-dombanya) dan jelas-jelas orang miskin! Kalau memang demikian, jelas dia tidak akan sanggup memiliki banyak kartu seperti teman saya tadi. Nampaknya deskripsi seperti ini terlalu miskin dan lahiriah belaka untuk menggambarkan si bayi itu. Lha kalau kita mau melengkapi identitasnya lebih lanjut, tentu butuh waktu untuk mengenal dia lebih baik dalam dunia offline atau dengan kata lain, menyediakan sebuah palungan dalam hati kita agar Dia lahir dan tinggal di dalamnya.
Inilah yang menjadi tantangan Christmas online di Facebook! Sejauh manakah pesan yang kita sampaikan itu benar-benar sebuah ungkapan berkat dan rahmat bagi orang lain. Hati yang damai menjadi tanda bahwa Allah itu hadir dan meraja di dalam hidup kita. Hati yang peka, akan menangkap kedalaman kata dan pesan natal yang disampaikan oleh orang lain kepadanya. Pembatinan pesan ini ke dalam sanubari merupakan sebuah proses sebagaimana Sang Sabda hadir dan berinkarnasi, menjadi daging dan darah di dalam tubuh kita. Dengan demikian, kita bisa berharap bahwa hidup kita pun ditrasformasi olehNya melalui pembatinan Sabda dan melalui perjumpaan pribadi dengan wajah Allah yang terpancar dalam diri orang lain, ketika kita log out dari berbagai macam rutinitas dan kesibukan sehari-hari.

Yah… semoga blog ini, Facebook, twitter, email dan sarana-sarana social network lain bisa membantu kita untuk melahirkan Yesus (kembali) di dalam hati kita. Semoga perjumpaan dengan orang lain di dunia maya ini mendorong kita untuk makin menghargai nilai dan makna sebuah perjumpaan pribadi. Dan saya ucapkan Selamat natal pada saudara/i, semoga pandangan kita bertemu di dalam tatapan Yesus yang meraja dari atas palungan.



alfonsus widhi
rembang, natal 2011

venerdì 16 dicembre 2011

Un sacerdote in vacanza per il natale, si può nascondere il dono del sacerdozio?

In realtà non si può. Sono appena arrivato a casa verso le 8 del mattino, dopo aver fatto un viaggio di notte con un pulman da Giacarta. Come al solito, ho mandato un messaggio al mio parroco, giusto per avvisare e anche per l’amicizia. Già… ci sono tre diocesani nella parrocchia e sono stato per 4 anni nel seminario minore con uno di loro. Qualche minuto dopo, ho ricevuto un sms dal parroco che mi invitava ad accompagnarlo per amministrare la confessione in una parrocchia circa un ora e mezzo di viaggio. Questo servizio dura fino alla vigilia di natale. Praticamente inizia la confessione dalle 17.00 e finisce verso le otto o nove di sera (tranne alcuni casi), visto che ci sono circa 10 sacerdoti per servire un luogo.
La mia domanda iniziale è stata il «perché». é quasi diventa la moda fare la confessione prima di natale? è davvero andare a canossa è una moda per riprendere il cammino della vita?
Durante il viaggio, egli un po' mi ha spiegato che nel vicariato, ci sono 5 parrocchie. La settimana prima di natale, ogni sacerdote va in una parrocchia per amministrare la confessione. Se venissero tutti, ci sarebbero 10 sacerdoti, nonostante alcuni devono fare circa 2 ore di viaggio, visto che la distanza è abbastanza notevole. Così in un giorno si spera di servire tutti i fedeli in una parrocchia. È conveniente?
Cosa ho imparato nel primo giorno di arrivo a casa?
La presenza dei sacerdoti e dei fedeli che si accostano a questo sacramento indica la riconoscenza dei doni. Il sacerdozio è un dono per tutta la comunità. Non spetta soltanto ai sacerdoti sono stati ordinati, ma anche ai laici che hanno fatto crescere la vocazione, hanno maturato durante il percorso formativo e continuano a sostenere il sacerdozio come dono anche quando questo viene condiviso, celebrando i sacramenti.
In oltre, la scelta per amministrare il sacramento del perdono in una parrocchia fortifica il carattere comunitario di una parrocchia e delle parrocchie in un vicariato. Anche in questo natale, nonostante i cristiani in questa zona sono pochi, c’è un desiderio per camminare insieme, non soltanto i fedeli di una parrocchia con gli altri, ma anche i suoi parroci. Ci vuole un po’ di sacrificio per loro, ma c’è un valore più grande da raccogliere.
Poi, da parte dei sacerdoti, questo sistema li sostiene a creare dei legami di fraternità. A volte si parla di una fraternità sacerdotale, mentre l’argomento opposto sostiene che i diocesani sono autosufficienti e vivono da soli. In realtà, siamo homo socialis e abbiamo bisogno della presenza degli altri. I monaci del deserto, abitano nei luoghi separati, ma vivono in una certa comunità. La realtà dei diocesani è simile a questo. Credo che la condivisione del lavoro parrocchiale non è una cosa da poco. Facendo la visita, conoscendo la casa e gli impegni pastorali, condividendo le gioie e le fatiche nel vivere la vocazione agli altri sacerdoti, una persona trova un feed-back che favorisce la maturità della sua vita sacerdotale.
Concludendo, per rispondere alla domanda che ho messo all’inizio, noi non parliamo di moda, perché è già praticata da più di mille anni. Il sacramento del perdono è davvero un dono per tutta l’umanità. È un luogo in cui l’uomo può incontrare una persona affidabile che non apre la bocca, può sentire la grandezza della misericordia di Dio, può trovare un rinforzo spirituale per poter ricominciare di nuovo la vita ecc. Attraverso di esso, il Signore nostro Gesù Cristo mette in pratica una delle sue promesse: io sarò con voi tutti i giorni.

mercoledì 7 dicembre 2011

Homo technologicus, homo spiritualis

Homo technologicus, homo spiritualis

é un articolo molto bello di P. Antonio Spadaro che cerca di approfondire l'esperienza dell'uomo di fronte allo sviluppo della tecnologia. mi sembra che ci sia un testo che cerca di togliere la paura della gente che guarda con sospetto questo strumento. che sia un male approfittare la tecnologia per la crescita umana? leggi lo sviluppo di questo articolo molto interessante, citando anche dei fonti magistrali.

domenica 4 dicembre 2011

i cristiani hanno bisogno ancora della conversione?

La lettura di Is 40,1-5.9-11; Mc 1,1-8


La Parola cresce con colui che la medita e la contempla. Un segno evidente di questa sintonia si trova quando quella Parola torna, in un modo o altro, e incanta una  persona a ricordare alcune parole chiavi del Vangelo. Così attraente, egli si ricorda, gli piace fermarsi un'attimo, si trova un gusto inspiegabile ruminandola nel cuore oppure gli fa crescere tante domande. In altre parole, nel momento in cui una persona si sente l'incompatibilità tra la Parola e l'oggi della storia vissuta.
In questo panorama entra la parola "conversione". Il brano di Isaia parla del ritorno di Israele. Giovanni parla del battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Alcuni dizionari spiegano la conversione come cambiare la direzione, tornare indietro o riprendere di nuovo il cammino trascurato.
Ma cosa intendiamo oggi con questa parola?
Direi questo: in ascolto alla Parola e stare attenti alla storia. 
Cioè, nutriamo ogni giorno con la Parola di Dio. Ci incontriamo spesso intorno a questo altare. Tutti questi fatti non dicono niente?
La nostra storia cambia rapidissima negli ultimi 10-20 anni. Al livello politico, sociale, economico, culturale ecc. Queste novità indicani i segni dei tempi in cui si incarna il Verbo di Dio!
Questa lettura ci invita alla fine a contestualizzare la Parola nel nosto linguaggio della storia di oggi. Non parliamo in fretta della santità senza passare per primo le tappe della conversione. Nella storia della spiritualità, ci sono tanti grandi mistici che hanno scritto i libri bellissimi a cui possiamo fare un confronto: Giovanni Climaco scrive le scale del paradiso, san Bonaventura para di tre gradi della vita spirituale: la purificazione, l'illuminazione e l'unione con Dio. Santa Teresa  d'Avila scrive il castello interiore con le sue 7 dimore. San Giovanni della croce parla della salità al monte carmello che disegna la gratuità del dono di Dio e la sensibilità dell'uomo per lasciarsi libero da tutte le cose del mondo. San Guido Maria Conforti parla della santità nella vita ordinaria.  Si può parlare anche le vie della santità "on-line"?
Tutte queste evidenziano la continuità del cammino verso Dio. Non si smette mai di camminare e di trovare le vie adatte per poter vivere in mezzo al mondo frenetico. Camminiamo nel deserto! Seguiamo la scelta di Israele per lasciare l'Egitto o la Babilonia che simboleggia una casa chiusa, un paese antisabatico, si trascura Dio e l'uomo, si dimentica chi siamo, il senso della vita incarnata, cosa vogliamo e dove andiamo. In questo quadro, invito alla conversione identica con quella per rinnovare la vita, per trovare l'energia soprannaturale, visto che l'anima nostra ha bisogno di un luogo sacro in cui lei può incontrare il suo Creatore e Redentore.
Così prepariamo il natale: Dio ha scelto la cultura, l'epoca e la famiglia di Giuseppe e Maria. La scelta di Dio indica che la redenzione passa attraverso le vie dell'uomo; la vita quotidiana che stiamo vivendo in casa, in famiglia, nella parrocchia, nella scuola, nell'ambito di lavoro, nel quartire ecc. La gioia e la fatica in essa hanno un valore. Niente succede per caso, ma per Provvidenza.
Non abbiate paura di confessare la vostra fede in Gesù Cristo. Non abbiate paura di diventare o di essere buoni cristiani, perchè questo è un segno che la Parola cresce con colui che la medita e la contempla.

alfonsus widhiwiryawan, parma 4 dicembre 2011

giovedì 1 dicembre 2011

Orazione

sulla cima di M. Marmagna.
Gesù Cristo è l'uomo di preghiera. Quella sua parte dal Padre e si conclude nel Padre. Se possiamo dire, è un incontro della sete di dio con la nostra sete. Essa non è una contemplazione statica; non è un'astrazione dalla condizione terestre. Essendo come dono, la preghiera va vissuta come impegno. Di conseguenza, la preghiera è diventata il luogo del discernimento, della verifica e fonda il mistero del rapporto con Dio, in Cristo Gesù e nello Spirito, dove il cielo e la terra si incontrano.
è possibile pregare nella domenica?
Secondo san Agostino, la domenica è l'orientamento della settimana. Qui non si lavora. Anzi, c'è una logica del riposo, ossia, la logica del dominio di sé e del riconoscere l'altro. Il lavoro di per sè è una lunga attesa della fine settimana. 
Come si affronta la tendenza di venerdizzare la domenica, ossia, quella di lavorare anche la domenica? La questione va vista in modo singolare. Ricordiamoci, però, è impossibile lavorare tutto il tempo. Quando il lavoro è diventato il padrone dell'uomo, ossia, il fine ultimo che determina l'andamento della vita, allora sì che qui il valore della persona viene ridotto. Si vede l'altro non più come una persona, ma come un servo. Si verifica la sua presenza al limite della sua capacità o della sua utilità al servizio del lavoro. Si mette in dubbio alla fine che l'altro è un dono. 
Riconosce la presenza del dono che si incarna nella vita dell'altro stimola alla vita spirituale uno spirito di pietà, un carattere di tenerezza, di intimità nei rapporti con Dio. C'è la pace nel cuore come quella serenità del mare calmo o del soffio dell'ebrezza. Così la pace, - che non è una situazione, né condizione sociale, né un sentimento, ma è il Signore stesso -, anima la figliolanza divina. Ricordiamo il cantico di Mosé prima di morire e in modo particolare la preghiera del Padre nostro. 
Questo rapporto filiale è un segno che nessuno di noi vive e muore per se stesso, ma per il Signore, servendo il prossimo. Nella vita dei santi, questa figliolanza divina e la fraternità universale stimola la fedeltà dei cristiani per impegnarsi a perdonare e ad amare il prossimo. Così la preghiera non diventa un atto sterile di una liturgia a semplice rito e culto esterno, ma diventa un motore che spinge l'orante nello spezzare il pane, nel donare e nel condividere la propria vita. Non perdiamo niente quando condividiamo la fede, la speranza e la carità in Cristo Gesù. Il Signore ci aspetta nell'orazione nostra. Egli bussa la porta del nostro cuore e attende la nostra generosità per incontrarlo nel segreto. Quel giorno è chiamato "dies Domini".
parma, 30 novembre 2011
alfonsus widhiwiryawan 

sabato 12 novembre 2011

La Parola cresce con colui che la medita e la contempla (Sap 13,1-9)


L’intelligenza della fede capta le immagini, gli eventi politici, economici, sociali e culturali, compresa anche i vari episodi piccoli grandi che succedono intorno a noi alla luce della Parola di Dio. Ma di quale intelligenza stiamo parlando? È quella dell’intelletto – come dono di Dio – che invita l’uomo a ragionare la sua esistenza di fronte a Dio, il suo creatore e redentore.
In questa cornice, quella intelligenza non si indica innanzitutto ai bravi nella scuola, anzi, a coloro che hanno un tempo per rimanere da solo con il Signore, riflettendo quei momenti forti della giornata alla luce della sua Parola.
Non basta però questa intelligenza di fede per colmare il desiderio dell’uomo per «vedere Dio faccia a faccia». Questo desiderio è nascosto nell'intimo dell'uomo. Ci vuole tanto per scoprirlo? Direi che ci vuole tempo prima di tutto per spogliare il nostro ego e inginocchiamoci di fronte al Crocefisso. In questo modo, si percepisce che questa visione beatifica non è un frutto dell’intellettualismo che gli piace girare le parole per arrivare ad una conclusione ragionevole. Visto che non basta questo elemento, i nostri maestri di fede aggiungono poi la dimensione affettiva: che è il cuore umano, un elemento così fragile e delicato, ma a volte duro e rigido. Non dimentichiamoci che questo affetto dà il colore alla nostra giornata, al nostro modo di essere e al nostro cammino di fede, in modo tale che la fede continui ad illuminare la nostra vita anche quando non abbiamo più le forze per camminare.
Quando parliamo della crisi di fede, possiamo intuire il cammino di fede limitato alla forza di ragionare la religione, di cercare il senso della vita alla luce dell’antropologia, di indagare Dio scientificamente appoggiandosi al concetto razionale. Di conseguenza, quando siamo arrivati alla terza età, quando la forza della giovinezza non ci accompagna più, quando siamo accorti che siamo all’autunno della vita in cui le foglie cadono per terra, spesso arriviamo a concludere che «siamo in crisi» rilevante. Infatti, non si può ragionare la bellezza delle creature dell’universo. Anzi, bisogna accoglierla con la sensibilità del cuore «per conoscere presto il Padrone» (Sap 13,9). Invece di fotografarla e depositandola nel computer, è meglio disegnarla dentro il cuore, gustando interiormente la sua bellezza. Così la fede non va cercata e razionalizzata soltanto con l’intelletto, ma va pregata in ginocchio, cioè con il cuore inclinato e riposato nel Signore.

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