giovedì 1 dicembre 2011

Orazione

sulla cima di M. Marmagna.
Gesù Cristo è l'uomo di preghiera. Quella sua parte dal Padre e si conclude nel Padre. Se possiamo dire, è un incontro della sete di dio con la nostra sete. Essa non è una contemplazione statica; non è un'astrazione dalla condizione terestre. Essendo come dono, la preghiera va vissuta come impegno. Di conseguenza, la preghiera è diventata il luogo del discernimento, della verifica e fonda il mistero del rapporto con Dio, in Cristo Gesù e nello Spirito, dove il cielo e la terra si incontrano.
è possibile pregare nella domenica?
Secondo san Agostino, la domenica è l'orientamento della settimana. Qui non si lavora. Anzi, c'è una logica del riposo, ossia, la logica del dominio di sé e del riconoscere l'altro. Il lavoro di per sè è una lunga attesa della fine settimana. 
Come si affronta la tendenza di venerdizzare la domenica, ossia, quella di lavorare anche la domenica? La questione va vista in modo singolare. Ricordiamoci, però, è impossibile lavorare tutto il tempo. Quando il lavoro è diventato il padrone dell'uomo, ossia, il fine ultimo che determina l'andamento della vita, allora sì che qui il valore della persona viene ridotto. Si vede l'altro non più come una persona, ma come un servo. Si verifica la sua presenza al limite della sua capacità o della sua utilità al servizio del lavoro. Si mette in dubbio alla fine che l'altro è un dono. 
Riconosce la presenza del dono che si incarna nella vita dell'altro stimola alla vita spirituale uno spirito di pietà, un carattere di tenerezza, di intimità nei rapporti con Dio. C'è la pace nel cuore come quella serenità del mare calmo o del soffio dell'ebrezza. Così la pace, - che non è una situazione, né condizione sociale, né un sentimento, ma è il Signore stesso -, anima la figliolanza divina. Ricordiamo il cantico di Mosé prima di morire e in modo particolare la preghiera del Padre nostro. 
Questo rapporto filiale è un segno che nessuno di noi vive e muore per se stesso, ma per il Signore, servendo il prossimo. Nella vita dei santi, questa figliolanza divina e la fraternità universale stimola la fedeltà dei cristiani per impegnarsi a perdonare e ad amare il prossimo. Così la preghiera non diventa un atto sterile di una liturgia a semplice rito e culto esterno, ma diventa un motore che spinge l'orante nello spezzare il pane, nel donare e nel condividere la propria vita. Non perdiamo niente quando condividiamo la fede, la speranza e la carità in Cristo Gesù. Il Signore ci aspetta nell'orazione nostra. Egli bussa la porta del nostro cuore e attende la nostra generosità per incontrarlo nel segreto. Quel giorno è chiamato "dies Domini".
parma, 30 novembre 2011
alfonsus widhiwiryawan 

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