L’intelligenza della fede
capta le immagini, gli eventi politici, economici, sociali e culturali,
compresa anche i vari episodi piccoli grandi che succedono intorno a noi alla luce della Parola di Dio. Ma di
quale intelligenza stiamo parlando? È quella dell’intelletto – come dono di Dio
– che invita l’uomo a ragionare la sua esistenza di fronte a Dio, il suo creatore e
redentore.
In questa cornice, quella
intelligenza non si indica innanzitutto ai bravi nella scuola, anzi, a coloro
che hanno un tempo per rimanere da solo con il Signore, riflettendo quei momenti forti della giornata alla luce della sua Parola.
Non basta però questa
intelligenza di fede per colmare il desiderio dell’uomo per «vedere Dio faccia
a faccia». Questo desiderio è nascosto nell'intimo dell'uomo. Ci vuole tanto per scoprirlo? Direi che ci vuole tempo prima di tutto per spogliare il nostro ego e inginocchiamoci di fronte al Crocefisso. In questo modo, si percepisce che questa visione beatifica non è un frutto dell’intellettualismo che gli piace girare le parole per arrivare ad una conclusione ragionevole. Visto che non basta questo elemento, i nostri maestri di fede aggiungono poi la dimensione affettiva: che è il cuore umano, un elemento così fragile
e delicato, ma a volte duro e rigido. Non dimentichiamoci che questo affetto dà il colore alla
nostra giornata, al nostro modo di essere e al nostro cammino di fede, in modo
tale che la fede continui ad illuminare la nostra vita anche quando non abbiamo
più le forze per camminare.
Quando
parliamo della crisi di fede, possiamo intuire il cammino di fede limitato alla
forza di ragionare la religione, di cercare il senso della vita alla luce dell’antropologia,
di indagare Dio scientificamente appoggiandosi al concetto razionale. Di conseguenza,
quando siamo arrivati alla terza età, quando la forza della giovinezza non ci
accompagna più, quando siamo accorti che siamo all’autunno della vita in cui le
foglie cadono per terra, spesso arriviamo a concludere che «siamo in crisi» rilevante. Infatti,
non si può ragionare la bellezza delle creature dell’universo. Anzi, bisogna
accoglierla con la sensibilità del cuore «per conoscere presto il Padrone» (Sap
13,9). Invece di fotografarla e depositandola nel computer, è meglio disegnarla
dentro il cuore, gustando interiormente la sua bellezza. Così la fede non va
cercata e razionalizzata soltanto con l’intelletto, ma va pregata in ginocchio,
cioè con il cuore inclinato e riposato nel Signore.