mercoledì 28 dicembre 2011

La vita nuova che nasce deve affrontare la cultura della morte


La messa di natale in una piccola comunita' cristiana
Con queste parole vorrei riassumere la mia esperienza in questi giorni di natale a casa. É stata il primo natale trascorso in famiglia dopo circa tredici anni vissuti nelle varie case di formazione dei missionari e nelle varie comunità. Rivivere le esperienze giorno dopo giorno e ore dopo ore, incontrare di nuovo le persone conosciute e i bei momenti del passato, mi fa venire tanta nostalgia. Ho incontrato alcune persone care in buona salute, mentre le altre sono già ridotte o state assunte dal Padre eterno. Ci sono tre sacerdoti diocesani giovani che fanno il ministero in questa parrocchia, in cui due di loro sono impegnati per la parrocchia, mentre l’altro é il responsabile delle scuole cattoliche. Tranne loro, in questi giorni sono arrivati un altro diocesano che é uno dei formatori nel seminario minore diocesano. Egli é venuto a posto per dare una mano in questi giorni natalizi. Un’altra novità viene da un missionario dei lazzaristi che é venuto per le vacanze nella sua famiglia. Già ... Posso dire che siamo un bel gruppo dei giovani sacerdoti e abbiamo anche dei sogni per poter testimoniare la vita di quel bambino che é nato nella fragilità nostra per salvarci, a partire dai vari contesti che stiamo vivendo.

Nonostante le paure che ci insidiassero nei giorni precedenti, grazie a Dio che siamo riusciti a celebrare bene le messe di natale. In questa parrocchia, le esperienze in questi giorni mi hanno dimostrato una grande serietà dei cristiani in questo luogo per celebrare la loro fede vissuta. C’è una grande voglia per impegnarsi nella fede nella vita quotidiana.

La presenza delle forze d’ordine e dei mussulmani che in un modo o altro hanno contributo l’andamento delle celebrazioni e delle feste natalizie sottolineano l’accoglienza e il rispetto alla diversità. L’Indonesia é il paese più grande del mondo in cui la maggioranza dei suoi abitanti sono musulmani. Questo non toglie le diversità etniche, culturale e religiose che sono presenti. Anzi, considerando come tante persone di varie culture e religioni hanno contribuito per sostenere questi giorni di festa natalizia, direi che la pace regni davvero nei loro cuori. Vi auguro che questa pace non sia contaminata e non sia manipolata da qualche gruppo che vuol espandere i suoi affari personali egoisti.

La seconda riflessione riguarda soprattutto la cultura della morte che sta crescendo sistematicamente a casa mia, l’Indonesia. Ho scritto la cultura della morte proprio perché, guardando le notizie di telegiornale e incontrando le persone, ho scoperto la perdita della speranza a tappe. Se mi permettessi, scriverei qui alcuni dati:
1. Le varie aziende (nazionali ed internazionali), senza dire il nome perché dalle notizie non ho sentito nominate, hanno comprato la terra della popolazione locale senza rispettare la giustizia. A volte, é successa la vicenda in modo violento: il prezzo ingiusto, i canali per denunciare l’ingiustizia sono stati chiusi e l’esperienza triste é che sono stati  cacciati dalla loro casa senza aver i soldi in mano!
2. In un altra isola, gli abitanti si sono messi insieme a combattere contro queste aziende. Di conseguenza, la forza d’ordine le ha messe in guardia e ha ferito la gente che protesta. Non so di preciso quanti sono le vittime, feriti o morti. Nonostante tutto, la gente continua a difendersi, perché la terra è la loro vita! L’apertura delle miniere significa distruggere l’ambiente, guadagnare il denaro per un breve tempo e la morte della generazione futura.
3. Un missionario che é appena tornato da Borneo mi ha raccontato in che modo la popolazione locale sta perdendo pian-piano la loro terra, la loro foresta, il loro futuro la loro speranza e la nostra vita! Ci sono due metodi che mi ha raccontato. In modo sistematico, per primo, é stato progettato una piantagione di palma d’olio. Questo albero distrugge l’ambiente! Questo assorbe centinaia litri d’acqua, la terra diventa arida, crea l’infertilità della terra, le altre piante non possono essere coltivate insieme e le radici non possono essere distrutti per decina d’anni (così mi dicono e così l’ho visto). Inoltre, c’é un progetto per mantenere l’ozono, comprando i carboni delle foreste.

L’obiettivo é bello, cioè per diminuire il riscaldamento globale (così si spera che diminuisca i vari disastri climatici!). Gli strumenti per attuare questo, però, sono devastanti. Sono stati scelti le foreste tradizionali, sotto la guardia delle tribù che hanno già custodito le loro foreste. Sanno quali alberi da tagliare e quali sono da mantenere, quali animali da cacciare e quali da lasciar vivere, in che modo si custodisce una foresta e in che modo si distrugge ecc.

Questa scelta è sconveniente per la vita di quelle tribù tradizionali. Non hanno più accesso per entrare nelle loro foreste o addirittura, sono sradicate dalla loro terra perché sono cacciate dalla loro casa abitata da generazione in generazione dei secoli. Perché non sono scelte le altre foreste o quelle produttive e non custodite dalle tribù tradizionali? Perché quelle foreste sono già vendute per la piantagione di palma d’olio? Poi quando finisce la fertilità della terra, queste aziende possono ancora svuotare i minerali preziosi nascosti sotto terra, saccheggiando milioni dollari? E dopo aver finita tutta la sua bellezza … ???

Mi fermo a queste tre esperienze soltanto per non perdere il filo di questa riflessione. Considerando la presenze delle altre, mi fanno venire brividi, sopratutto in questo natale. Possiamo consolare ancora l’Israele nuova che sta perdendo i loro figli sotto i suoi occhi? Quanta lacrime, quanta sudore, quanta fatica hanno speso per difendere un pezzetto della loro terra. Hanno bisogno soltanto la loro terra per vivere e per celebrare gli eventi fonti della loro vita. Non riescono più piangere perché hanno perso tutto! Non sanno a chi deve rivolgersi, tranne a quel bambino ch’é appena nato.
La cena per tutta la comunita' e' quasi pronta!
A me mi fa brividi questo: essendo missionario, sacerdote e blogger cattolico, cosa posso fare? I missionari si impegna soltanto per annunciare la buona novella a quelli che non conoscono il Vangelo, solo nella Chiesa? I sacerdoti non possono impegnarsi per difendere questa ingiustizia nella politica del vangelo? I blogger cattolici sono impegnati ancora nel convincere altri utenti della rete per testimoniare la loro fede, anche in questo mondo digitale?
Se la risposta di tutte queste domande fossero positiva, saremmo fritti, perché la vita nuova che nasce, deve affrontare la cultura della morte.

alfonsus widhi, rembang
la festa dei santi martiri innocenti, 28 dicembre 2011

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