La traduzione:
Alle tre del mattino, una ragazzina di 12 anni corre in una
stazione nella zona di Pasar Senen
per raggiungere un treno destinazione Jatinegara.
Questa è una stazione di Jakarta, una città che ha più di dodici milioni di
abitanti. Lo sforzo di questa ragazza non é inutile; Riesce ad aggrapparsi alla
porta e a salire sul treno.
Arrivata a Jatinegara, si siede al binario cinque per
aspettare un altro treno che arriva da Bekasi. Appena arrivato, sale in fretta,
dando spinte a destra e sinistra agli altri ragazzi più grandi che hanno la sua
stessa intenzione. Questo è un treno che è arrivato a destinazione e non
continua il suo viaggio verso altra meta.
Allora cosa fa la ragazza dentro al treno? Non è la solita
passeggera, lei lavora! Il suo lavoro consiste nel camminare dentro i vagoni
del treno e nelle stazioni per raccogliere i rifiuti lasciati dai passeggeri;
raccoglie le bottiglie d’acqua minerale vuote e le carte dei giornali. Arrivata
alla stazione di Pasar Senen, il suo compito è quello di separare le bottiglie
grandi da quelle piccole e di mettere le carte a parte.
Ma la giornata di questa ragazza non finisce. Terminato
questo lavoro, si prepara per andare alla scuola elementare. Sono le sei del
mattino, la stanchezza adombra i suoi piedi e le sue manine, ma non può
piangere. È consapevole che bisogna lavorare per vivere e avere uno stile di
vita sobrio. Sa cosa significa spendere mille rupiah (che corrispondono a dieci
centesimi) perché quel soldo è il frutto del suo sudore.
La scuola termina verso mezzogiorno. Finalmente ha un tempo
per riposare, ma soltanto fino al pomeriggio, perché dopo quella buona e santa
siesta, ritorna a lavorare nella stazione di Pasar Senen per raccogliere le
bottiglie di plastica vuote o per vendere le carte di giornale usate dai
passeggeri che vogliono utilizzarle per sedersi per terra e chiacchierare. Questa
è una tradizione orientale, la gente si siede per terra, condivide le
esperienze della giornata raccontando le storie oppure, semplicemente e senza
nessuna formalità, scambiandosi le notizie.
La notte allora diventa un tempo prezioso per studiare. È
una breve notte direi, visto che alle tre del mattino lei deve essere di nuovo
in stazione. Quindi la notte serve per studiare e fare i compiti, ma anche per
riposare, perché anche questo fa parte del suo lavoro.
Bunga, è così che si chiama questa bambina, ha vissuto così
fino alla scuola media. Viveva insieme alla mamma, che fa il suo stesso lavoro,
e il papà, che gli piace bere e molto spesso si ubriaca. Questa è la vita, vissuta
con la carne e le ossa.
Bunga ha una sorella più grande di lei di un anno e mezzo
che, dopo aver vissuto per un periodo con la zia, torna in quella piccola e
semplice casa a due metri dalla stazione.
Giuseppe, un “farabutto buono”, ossia l’angelo bianco delle
stazioni e delle zone rurali, un giorno riceve la notizia da un raccoglitore di
bottiglie di plastica che le due ragazze, Bunga e la sorella maggiore, hanno
subito una violenza da parte del padre adottivo. Egli assiste sempre i ragazzi
che vivono nelle strade e nelle stazioni. Sapendo questa notizia, Giuseppe
cerca di parlare con la mamma delle due ragazze, per convincerla a mandare le
figlie in un casa di accoglienza in cui sono garantiti la casa, lo studio e le
cose necessarie per vivere.
All’inizio le cose non sono state molto semplici. Il primo
problema sono stati i genitori che non erano d’accordo, insistevano affinchè
quelle ragazze rimanessero insieme a loro. Allora Giuseppe ha contattato un
altro farabutto della zona, Giuda, per affrontare “il padre” di quelle ragazze.
Alla fine, dopo tanta insistenza, Giuda riesce a convincerlo. Certamente non si
possono abbandonare del tutto gli affetti e i sentimenti di queste bambine; non
si può bruscamente tagliare il legame creato lungo il cammino. In ogni modo la
mamma stessa ha poi capito dell’importanza di questa decisione e ha iniziato ad
incoraggiare Bunga ad intraprendere un futuro migliore. Gli incoraggiamenti
della madre hanno fatto bene ad Bunga, la quale ha intrapreso una nuova vita
nella casa di accoglienza.
Gli anni ormai sono passati come il vento. Adesso Bunga sta
scrivendo la tesi e sta per finire il suo studio nella facoltà di
giurisprudenza.
C’è davvero una nuova speranza? La vita va continuata e vissuta
…
Jakarta, 31 Dicembre 2012
alfonsus widhi